Sindrome da stanchezza cronica: da cosa dipende e come si cura

Cos’è la Sindrome da stanchezza cronica (CFS), quali sono le cause e come alleviare i sintomi.

Cosa si intende per Stanchezza cronica

  • ​La Stanchezza cronica - o, per essere più precisi, la Sindrome da stanchezza cronica, conosciuta anche come Sindrome da fatica cronica (CFS) o Encefalomielite mialgica (ME) - è un disturbo caratterizzato da un continuo senso di affaticamento, che non deriva né da malattie specifiche, né dallo svolgimento di attività particolarmente stancanti, e che persiste anche a seguito di periodi di riposo.

    Nonostante i numerosi studi condotti in questo campo, ad oggi, purtroppo, le cause della Sindrome da stanchezza cronica risultano ancora sconosciute. Allo stesso modo, non esiste una terapia risolutiva per le persone colpite da questa condizione, che solo in Italia raggiungono le 200-300 mila unità (con un’incidenza maggiore nella fascia di età compresa tra i 40-50 anni e nei soggetti di sesso femminile).

I sintomi della Stanchezza cronica

  • La Sindrome da stanchezza cronica si manifesta principalmente con una forte astenia. Il significato di tale termine è: “sensazione di stanchezza ed esaurimento fisico, non dissimile da quella sperimentata a seguito di attività gravose per il corpo e/o la mente”. O ancora: “debolezza generale e riduzione del tono muscolare”.

    Il disturbo - come abbiamo visto - prevede anche una seconda denominazione, vale a dire “Encefalomielite mialgica”. Tale espressione fa riferimento sia ad uno stato di infiammazione del cervello e del midollo spinale (Encefalomielite), sia ai dolori muscolari (da “mialgia”) che spesso si accompagnano al senso di affaticamento.

    Parallelamente, possono presentarsi anche vari sintomi secondari, anch’essi di carattere cronico, paragonabili per certi versi a quelli dell’influenza.

    Tra questi ricordiamo:

    • dolori articolari (artralgia) e/o muscolari (mialgia) immotivati;
    • mal di gola ricorrente;
    • linfonodi ingrossati (in particolare quelli del collo e delle ascelle);
    • mal di testa e capogiri;
    • dolori addominali;
    • disturbi della memoria;
    • scarsa concentrazione;
    • confusione e stordimento;
    • difficoltà a riposare nelle ore notturne e conseguente sonnolenza diurna.

    ​Affinché si possa parlare, a tutti gli effetti, di stanchezza cronica, i sintomi menzionati - soprattutto quelli principali, ovvero affaticamento e dolori muscolari - devono perdurare per un periodo di almeno sei mesi. Si presentano, infatti, già a partire dal risveglio e si intensificano, via via, nel corso della giornata, peggiorando sensibilmente qualora il soggetto debba dedicarsi ad attività che comportano uno sforzo fisico e/o mentale, tanto da richiedere due o più giorni di recupero.

    Stanchezza comune o stanchezza cronica?

    • ​Tutti noi sperimentiamo una sensazione di stanchezza al termine di una giornata di lavoro particolarmente intensa, dopo un esame o un evento stressante: è una condizione normale, che non dovrebbe destare alcun tipo di preoccupazione.

      Comunemente, infatti, basta una notte di sonno o, al massimo, un breve periodo di relax, per ritrovare le energie che occorrono per affrontare gli impegni quotidiani.

      Anche la cosiddetta “sonnolenza stagionale” o “da primavera” è una condizione fisiologica abbastanza comune - da non confondere, dunque, con la CFS - che si attenua con il passaggio dalla primavera all’estate, senza lasciare grossi strascichi.

      Non è così per i soggetti affetti dalla Sindrome da stanchezza cronica, i quali riportano gravi interferenze in diversi ambiti: dal lavoro alla vita familiare.

      Un’altra peculiarità della sindrome riguarda la tendenza ad accumulare la stanchezza, facendo sì che i sintomi più severi non si presentino repentinamente, bensì dopo un breve lasso di tempo, così da prolungare la fase di recupero.

      Talvolta la persona colpita da CFS arriva a sentirsi talmente debilitata da non riuscire a svolgere i compiti più basilari, ad uscire di casa o, nei casi peggiori, ad alzarsi dal letto. Di conseguenza, non è raro che sopraggiungano altre complicazioni - tra cui depressione, ansia ed isolamento sociale - che finiscono per aggravare il quadro.

    Cause scatenanti e fattori di rischio

    • ​Come abbiamo anticipato, gli esperti non hanno ancora scoperto le cause che stanno alla base della Sindrome da stanchezza cronica. Tuttavia, le ipotesi più accreditate, per lo meno allo stato attuale, sono principalmente quattro:

      • Ipotesi infettiva → Secondo questa prospettiva, la sindrome si svilupperebbe a seguito di infezioni virali. In particolare, si è visto che una fetta di pazienti era già entrata in contatto con il virus di Epstein-Barr (responsabile della mononucleosi), l'Herpesvirus umano 6 e/o il virus della leucemia del topo.
      • Ipotesi ormonale → La seconda ipotesi fa risalire l’origine della CFS ad una serie di squilibri ormonali. In alcuni soggetti, infatti, sono stati riscontrati valori anomali degli ormoni dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Ad oggi, comunque, tale correlazione non è ancora stata dimostrata in maniera certa.
      • Ipotesi immunitaria → Tra i fattori presi in considerazione dagli specialisti, vi è pure il malfunzionamento del sistema immunitario, che in determinati casi finisce per generare alterazioni cellulari e meccanismi di auto-attacco.
      • Ipotesi psicologica → Infine, in tanti ritengono che la sindrome si manifesti con maggiore frequenza ed intensità nelle persone che hanno vissuto eventi traumatici, oppure in risposta a periodi caratterizzati da stress prolungato.

      Ricordiamo, inoltre, che sia l’età che il sesso rientrano tra i fattori di rischio: ad essere colpite, infatti, sono per lo più donne tra i 40 e i 50 anni, sebbene non manchino casi di stanchezza cronica tra soggetti giovani e persino tra i bambini.

    Diagnosi CFS / ME: come si ottiene

    • Ottenere una diagnosi di CFS / ME non è affatto semplice: ad oggi, infatti, gli specialisti non dispongono di un test specifico per rilevare la sindrome. Pertanto, devono procedere, da un lato, per esclusione (ossia verificando che non sussistano altre malattie che potrebbero provocare una sintomatologia simile) e, dall’altro, per via analitica (ossia raccogliendo ed analizzando i disturbi sperimentati dal paziente).

      Diagnosi differenziale: come escludere altre patologie?

      Per “diagnosi differenziale” si intende, appunto, l’esclusione delle varie patologie che presentano un quadro sintomatico sovrapponibile a quello della CFS / ME.

      In casi del genere, dunque, è opportuno verificare che la sensazione di affaticamento non sia riconducibile a:

      • Malattie croniche→ In particolare, debolezza e fatica persistente potrebbero derivare da anemia e diabete. Per escludere queste ipotesi, occorre che il paziente si sottoponga alle analisi del sangue e delle urine. Invece, se si sospettano anomalie nel funzionamento della tiroide (ad es. ipotiroidismo), il test da eseguire, sempre dietro prescrizione medica, è la scintigrafia tiroidea.
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        Scintigrafia Tiroidea

      • Disturbi del sonno → Anche i disturbi del sonno rischiano di mettere a dura prova la salute fisica e psicologica, causando sonnolenza diurna, confusione, scarsa concentrazione e stanchezza persistente. Molto utile, per valutare la qualità del riposo notturno ed escludere apnea ostruttiva del sonno, sindrome delle gambe senza riposo ed insonnia, è la cosiddetta polisonnografia.
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      • Disturbi psichiatrici / psicologici → Talvolta, all’origine della stanchezza cronica, vi è una patologia di carattere psicologico o psichiatrico, come la depressione maggiore, il disturbo bipolare, l’ansia o la schizofrenia. A tal proposito, è consigliabile un confronto con uno specialista nel campo della salute mentale, anche per tenere a bada eventuali complicanze della CFS.
      • Fibromialgia → Fibromialgia e Sindrome da stanchezza cronica prevedono una sintomatologia molto simile: in entrambi i casi, infatti, i pazienti riportano grave affaticamento, difficoltà a riposare, deficit di concentrazione e memoria, dolori muscolari ed articolari, ecc.. La diagnosi differenziale, dunque, si basa sulla centralità e sulla prevalenza di alcuni sintomi rispetto ad altri. In particolare, i soggetti affetti da fibromialgia accusano forti dolori su tutto il corpo, pur in assenza di processi infiammatori e/o lesioni, e conseguente debilitazione. Nella CFS, invece, l’affaticamento rimane l’elemento predominante rispetto ad un’ampia gamma di disturbi secondari. Ricordiamo, comunque, che le due condizioni possono coesistere, tanto da spingere alcuni ricercatori a considerarle appartenenti al medesimo spettro. 

    Come gestire la Sindrome da stanchezza cronica

    • ​Convivere con la Sindrome da stanchezza cronica non è semplice, sia perché non esiste un farmaco o un altro tipo di trattamento che possa garantire una completa remissione dei sintomi, sia per la tortuosità del percorso diagnostico, dovuta ad uno scarso riconoscimento di tale condizione da parte di una fetta della società.

      In assenza di una terapia risolutiva, pertanto, l’obiettivo è attenuare i sintomi più invalidanti, creando un trattamento personalizzato per il singolo paziente.

      Attualmente, l’offerta terapeutica per i soggetti affetti da CFS include:

      • Terapia cognitivo-comportamentale → Una fetta di pazienti trova giovamento dalla terapia psicologica, in particolare quella di orientamento cognitivo-comportamentale, riuscendo così ad “accettare” la malattia ed a convivere quotidianamente con i sintomi in maniera quanto più serena.
      • Gruppi di supporto / auto-aiuto → In tempi recenti sono sorte varie associazioni che organizzano riunioni, incontri ed altri eventi - spesso gratuiti - per i soggetti colpiti da CFS / ME e per i loro familiari. Anche in questo caso, lo scopo è giungere ad una maggiore consapevolezza ed accettazione della sindrome tramite il confronto con altre persone.
      • Esercizio graduale → La terapia incentrata sull’esercizio graduale consiste nel praticare attività fisica (soprattutto corsa, camminata e nuoto, per citare le discipline più consigliate), aumentando via via sia la durata che l’intensità delle sessioni. Fondamentale, dunque, è cominciare “a piccole dosi”, per non rischiare di sovraccaricare l’organismo ed ottenere una risposta contraria.
      • Terapia farmacologica → In particolari casi, il medico può suggerire l’assunzione di farmaci antidepressivi (ad esempio, per i soggetti che vivono in condizioni di isolamento sociale e/o che hanno sviluppato sintomi depressivi) o antidolorifici (per alleviare i dolori spesso associati alla CFS).

      Infine, alcuni fattori che possono aggravare la sintomatologia sono:

      • lo stress, specie se accumulato in modo continuativo per lunghi periodi;
      • le bevande alcoliche / eccitanti, tra cui il caffè;
      • gli alimenti ricchi di zuccheri o dolcificanti artificiali;
      • le intolleranze alimentari (che meritano un’indagine approfondita, soprattutto se il paziente sperimenta dolori addominali e/o colon irritabile);
      • i cibi grassi e/o ultraprocessati;
      • la scarsa qualità del sonno, spesso derivante dall’assenza di ritmi stabiliti.
    Contenuti approvati dal Comitato Editoriale.
    Data ultimo aggiornamento: 2021-05-18
    Le informazioni presentate hanno natura generale, sono pubblicate con scopo divulgativo per un pubblico generico e non sostituiscono il rapporto tra paziente e medico.

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