Consigli e trattamenti non invasivi per la sindrome del tunnel carpale

Una panoramica sulla sindrome del tunnel carpale, i sintomi e i principali trattamenti conservativi.

Sindrome del tunnel carpale: cos’è?

  • ​Appartenente alla categoria dei disturbi da compressione nervosa, la sindrome del tunnel carpale è, tra questi, il più conosciuto e diffuso.

    Si stima, infatti, che circa una persona su dieci, nel corso della propria vita, sperimenti alcuni sintomi riconducibili a questa condizione. Il rischio è maggiore per i soggetti di sesso femminile e tende ad aumentare durante la gravidanza, dopo il compimento dei 45-50 anni, a seguito di traumi e/o fratture del polso o, ancora, in presenza di altre patologie (tra cui: diabete, artrite reumatoide, obesità, ritenzione idrica cronica, ipertiroidismo, ecc.).

    La sindrome è dovuta ad un aumento di pressione a carico del nervo mediano, che si trova all’interno di quel canale - detto, appunto, “tunnel carpale” - che contiene anche i tendini flessori delle dita della mano.

    Tale schiacciamento provoca l’infiammazione del nervo, alterandone e riducendone le funzionalità. Compaiono, pertanto, segnali come formicolio, sensazione di intorpidimento e, in alcuni casi, dolore al polso e alla mano.

Quali sono i sintomi?

  • ​Generalmente i tre sintomi caratteristici della sindrome del tunnel carpale - ossia formicolio, intorpidimento e, talvolta, dolore - si estendono dalla zona del polso alle prime tre o quattro dita della mano, ad esclusione del mignolo.

    Possono presentarsi in maniera intermittente, soprattutto nella fase iniziale, per poi cronicizzarsi in un secondo momento. Con il trascorrere del tempo e in assenza di trattamenti adeguati, è probabile che il paziente sperimenti anche debolezza, perdita della sensibilità e deficit motorio. Non a caso, a questo punto, si riscontrano difficoltà nel compiere azioni semplici, come tenere una penna tra le dita, oppure stringere saldamente un oggetto con la mano.

    Spesso, inoltre, la sintomatologia tende a peggiorare durante le ore notturne, ossia quando il soggetto rimane a lungo disteso in posizione orizzontale, agevolando la redistribuzione dei liquidi corporei verso gli arti superiori.

Gestire la sindrome del tunnel carpale: quali sono le alternative alla chirurgia?

  • L’intervento chirurgico - consigliato da una fetta di specialisti, specialmente nei casi più gravi - non è l’unica via percorribile per curare la sindrome del tunnel carpale e dare sollievo al paziente. Ad oggi, infatti, esiste anche un approccio detto “conservativo” (o terapia conservativa), che esclude qualsiasi trattamento invasivo, prediligendo tecniche indolori e a basso rischio.

    Dobbiamo precisare, tuttavia, che tale approccio è utile se la malattia si trova ancora in uno stadio iniziale - ovvero se la diagnosi avviene entro un lasso di tempo non superiore a sei-dieci mesi dalla comparsa dei primi sintomi - il dolore è tollerabile e non sussistono particolari complicazioni. In queste circostanze la terapia conservativa può aiutare a ridurre i sintomi e rallentare la progressione della sintomatologia.

    Vediamo, quindi, come gestire la sindrome del tunnel carpale senza ricorrere alla chirurgia, in cosa consiste la terapia conservativa e quali vantaggi offre.

    1. Tutore per il polso

    Indossare un tutore per il polso, in particolare durante il sonno, aiuta a mantenere una posizione corretta, evitando che dolore e formicolii si intensifichino. I benefici, tuttavia, non sono immediati: occorre utilizzare il prodotto con regolarità, anche per diverse settimane consecutive.

    2. Riposo e ripresa graduale delle attività

    L’articolazione del polso va mantenuta a riposo per evitare movimenti errati ed accelerare i tempi di recupero. Si consiglia, dunque, di sospendere per alcuni giorni tutte quelle attività che rischiano di sollecitare la parte (ad esempio: stringere le mani o usare il mouse per il computer), fino a che i sintomi non si attenuano fino a scomparire del tutto. Terminato il periodo di “pausa”, il ritorno alla normalità dovrà essere quanto più lento e graduale.

    3. Applicazione di ghiaccio

    Gli impacchi di ghiaccio hanno un utile effetto antinfiammatorio, contribuendo così ad attenuare il dolore e l’intorpidimento della zona. L’applicazione, della durata di 15-20 minuti circa, andrebbe ripetuta almeno 4-5 volte al giorno.

    4. Fisioterapia ed esercizi

    Fisioterapia ed esercizi, in particolare stretching e movimenti rotatori del polso, giocano un ruolo determinante nella gestione della sindrome del tunnel carpale. Permettono, infatti, di allentare la tensione a carico dei tendini flessori che attraversano il canale, in modo tale da decomprimere il nervo mediano.

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    5. Terapia farmacologica

    In alcuni casi, per “spegnere” l’infiammazione e ridurre il dolore, è opportuno somministrare anche una terapia farmacologica. I medicinali comunemente prescritti appartengono alle due seguenti categorie: FANS (ovvero antinfiammatori non-steroidei, es. paracetamolo) e corticosteroidi.

    I primi, generalmente assunti per via orale, sono indicati per i pazienti che presentano una sintomatologia da lieve a moderata. I secondi, invece, vengono somministrati solitamente come infiltrazione tramite iniezione locale, ragion per cui sono in grado di produrre un rapido ed importante effetto analgesico. Tuttavia, è bene ricordare che si tratta di farmaci potenti, da utilizzare sotto stretta supervisione del medico e solamente in caso di dolori intensi e persistenti.

    Sottolineiamo, inoltre, che i medicinali menzionati hanno un’azione temporanea. Vanno, dunque, accompagnati sia ad un adeguato periodo di riposo, sia ad altri accorgimenti e/o trattamenti mirati (es. fisioterapia).

A chi rivolgersi per il trattamento della sindrome del tunnel carpale?

  • A causa del suo sviluppo progressivo, la sindrome del tunnel carpale tende a peggiorare in un lasso di tempo piuttosto breve (generalmente da sei mesi ad un anno). Per questo si consiglia di contattare uno specialista non appena si presentano i primi sintomi, anche se ancora lievi e sopportabili, in maniera tale da iniziare presto le cure e scongiurare un eventuale intervento chirurgico.

    Dunque, a chi rivolgersi?

    La figura di riferimento è l’ ortopedico, cui spetta il compito di raccogliere tutte le informazioni utili per la successiva formulazione della diagnosi (es. sintomi riscontrati dal paziente, storia clinica, traumi subiti in passato, attività lavorative e/o ricreative che possono influenzare l’andamento della patologia, ecc.). Terminata la fase di anamnesi, si procede con l’esame obiettivo, che consiste nella palpazione e nell’analisi funzionale del polso e della mano.

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    A seconda del caso - ad esempio, qualora si sospetti che il soggetto sia affetto da altre patologie che rischiano di complicare il quadro clinico - potrebbero essere necessari degli esami di approfondimento. Tra questi, ricordiamo: l’ elettroneurografia (o studio della conduzione nervosa, eseguito al fine di valutare la velocità di trasmissione degli stimoli nervosi), l’elettromiografia (test che misura l’attività elettrica nei muscoli e nervi, in modo da escludere eventuali danni ai tessuti), la radiografia del polso (per verificare che non sussistano fratture articolari o patologie degenerative, come l’artrite reumatoide) e gli esami del sangue.

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Contenuti approvati dal Comitato Editoriale.
Data ultimo aggiornamento: 2024-05-02
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